AREE ISRAELIANE E TERRITORI PALESTINESI
IT Il conflitto territoriale in Terra Santa ha riformulato, a livello politico-geografico, tutti i principi di governabilità dei luoghi. Quando il 14 maggio 1948 viene dichiarato indipendente lo Stato di Israele si assistette ad una contraddittoria politica di decolonizzazione da parte di Gran Bretagna e Francia. La Palestina non aveva mai goduto dell’indipendenza: storicamente parte dell’Impero Ottomano e, subito dopo la prima guerra mondiale, passò sotto il governo franco-inglese. I trattati di Versailles assegnarono la Palestina al protetto- rato britannico che non affidò mai l’indipendenza ad ebrei e arabi. Agli esordi del secondo conflitto mondiale, per limitare la supremazia ebraica e non rompere l’alleanza con i paesi islamici, venne limitata l’immigrazione ebraica in Palestina e fissata a quota di 75.000 persone. All’indomani della fine della guerra l’ondata emotiva dell’- olocausto e la necessità del popolo ebraico di appartenere ai luoghi della sua storia, fece sì che l’immigrazione verso la Palestina non fu più ostacolata.
Nel maggio 1948 la Gran Bretagna annunciò all’ONU la ritirata dallo Stato Britannico di Palestina e nel novembre dello stesso anno l’Assemblea delle Nazioni Unite propose la divisione della regione in due aree prevedendo l’affidamento dell’area del Negev al popolo ebraico. Gli stati arabi votarono contro. Quando le truppe inglesi lasciarono il Medio Oriente, un anno dopo, venne proclamato lo Stato di Israele. La creazione di uno Stato fondato su basi religiose e razziali scatenò una reazione da parte delle truppe arabo-palestinesi, iniziando così una nuova, interminabile, stagione militare.
I conflitti del 1956, 1967 e 1973 aprirono le porte alla tragedia dei cosiddetti “territori occupati”: le alture del Golan, la striscia di Gaza e la Cisgiordania, che diventarono campi di guerriglia permanenti. Nel 1949, in seguito ai disordini dovuti alla proclamazione del nuovo Stato, quasi 1 milione di palestinesi furono espulsi dalla propria terra.
La guerra dei sei giorni, nel 1967, che aveva visto primeggiare le truppe israeliane sugli attacchi egiziani e degli altri paesi arabi, aveva ancora una volta, modificato i confini dello Stato di Israele. Le frontiere dei territori occupati ancora oggi non ci appaiono affatto rigide e fisse; al contrario esse sono elastiche e in costante trasformazione. La frontiera lineare, che è un’astrazione cartografica del concetto di spazialità legato allo stato-nazione, qui è tradotta in: muri di divisione, posti di blocco, barriere, chiusure di emergenza, aree precluse ai civili, zone di sicurezza speciale, aree sterili. Queste aree di frontiera sono dinamiche, fluiscono e rifluiscono di continuo, avanzano strisciando e circondando di sorpresa villaggi e strade palestinesi. A volte addirittura fondano pareti e irrompono nelle case dei palestinesi. La geografia anarchica della frontiera ha una forma in continua trasformazione ed evoluzione ridisegnata e riordinata in occasione di ogni cambiamento politico. Una delle più importanti strategie di oscuramento israeliano delle politiche sulle terre occupate si basa sulla terminologia. La ricchezza straordinaria della terminologia relativa agli insediamenti, in ebraico, è stata attivamente usa- ta dopo il 1967 per annebbiare i limiti fra Israele e le aree occupate, e ha funzionato come una specie di sofisticata contraffazione semantica. Il conflitto israeliano-palestinese è quindi così interessante dal punto di vista dello spazio perché tutto il processo di colonizzazione stesso risponde a a due azioni di progettazione strategica complementari tra loro: distruzione e costruzione.
ISRAEL AREAS AND PALESTINIAN TERRITORIES
EN The territorial conflict in the Holy Land has reformulated all the principles of governability of places. When the State of Israel was declared independent on May 14, 1948, there was a contradictory policy of decolonization mainly by Great Britain and France. Palestine had never enjoyed independence: first part of the Ottoman Empire and, immediately after the First World War, the southern area came under the Franco-English government. The Versailles treaties assigned Palestine to the British protectorate that will never entrust independence to Jews and Arabs.
To limit Jewish supremacy and not break the alliance with Islamic countries, Jewish immigration was limited to 75,000 at the beginning of the Second World War. After the end of the war, the emotional wave of the Holocaust and the need of the Jewish people to belong to the places in its history meant that immigration to Palestine was no longer hindered. In May 1948, the Great Britain announced at the UN the withdrawal from the British State of Palestine and in November of that year the United Nations Assembly proposed the division of the region into two areas, providing for the assignment of the Negev area to the Jewish people. The Arab states voted against it.
When British troops left the Middle East, a year later, the State of Israel was proclaimed.
The creation of a state founded on religious and racial grounds triggered a reaction from the Arab-Palestinian troops, thus beginning a new, interminable military season.
The conflicts of 1956, 1967 and 1973 opened the door to the tragedy of the so called “occupied territories”: the Golan Heights, the Gaza Strip and the West Bank, which became permanent guerrilla camps. In 1949, following the unrest caused by the proclamation of the new state, almost 1 million Palestinians were expelled from their land.
The six-day war, in 1967, which had seen Israeli troops excel over the Egyptian and other Arab countries’ attacks, had once again changed the borders of the State of Israel. The borders of the occupied territories still today do not appear to us at all rigid and fixed; on the contrary they are elastic and in constant transformation. The linear frontier, which is a cartographic abstraction of the concept of spatiality linked to the nation-state, is here translated into: dividing walls, checkpoints, barriers, emergency closures, areas closed to civilians, special security areas, areas sterile. These border areas are dynamic, they flow and flow continuously like waves from the sea, they crawl forward and surprise Palestinian villages and roads. Sometimes they even establish walls and break into Palestinian homes.
The anarchic geography of the frontier has a form in continuous transformation and evolution redesigned and reorganized on the occasion of every political change. One of the most important Israeli obfuscation strategies for occupied land policies is based on terminology. The extra- ordinary richness of settlement terminology in Hebrew was actively used after 1967 to cloud the boundaries between Israel and the occupied areas, and functioned as a kind of sophisticated semantic counterfeiting.The Israeli-Palestinian conflict is therefore so interesting from the point of view of space because the whole process of colonization itself responds to two complementary strategic planning actions: destruction and construction.